POLITICA E CHIESA CHI FRENA L’APOCALISSE?
L’ultimo libro del filosofo veneziano parte da san Paolo
«Ora vi preghiamo fratelli, a proposito della parusia del Signore nostro Gesù
Cristo e della
nostra riunione in Lui… Che nessuno vi inganni
in nessun modo. Infatti prima dovrà venire
l’apostasia
e l’apocalisse dell’uomo dell’anomia, l’Avversario, colui che si innalza sopra
ogni essere e viene detto Dio. E ora conoscete ciò che trattiene (to katechon)
la sua
apocalisse, che avverrà a suo tempo». Così dice san Paolo nella Seconda
lettera ai
Tassalonicesi. Parusia vuol dire presenza. Sulla parola greca katechon, l’enigmatica figura
di potenza che frena
l’apocalisse e si frappone fra l’Empio e il Cristo rallentandone
l’Avvento, ma
che dovrà scomparire prima del giorno del Signore, verte l’ultimo saggio di
Massimo Cacciari appena pubblicato da Adelphi: “Il potere che frena”. Il
filosofo
veneziano si interroga su cosa sia e chi sia
questa forza che ostacolando il dispiegarsi del
male impedisce il trionfo del
bene. E nello stesso tempo riflette sulla teologia politica. Cioè
sulla
religiosità che non può prescindere dal versante politico e l’agire politico
che non può
sottrarsi al fondamento religioso. E sulle forme che hanno
secolarizzato idee e simboli escatologico-apocalittici nella storia politica
dell’Occidente.
All’interno di queste concezioni si situa l’azione frenante del katechon. Ma chi impersona storicamente il katechon? Le
interpretazioni sono
diverse. Alcuni pensano alla struttura dell’impero romano,
se lo si considera come forma politica che tende a
fare epoca. Cioè a porsi come
“un tempo in cui la storia sembra quasi essersi
compiuta, in cui il divenire sembra assumere il significato dell’essere”. Una
scelta che non
convince del tutto perché l’impero è chiamato ad andare oltre. A modificare continuamente la propria configurazione e i propri
confini. Per
altri l’ambito adatto del katechon è l’assetto
istituzionale delle chiesa. Il luogo dove si
rappresenta. Dove esercita il suo potere frenante. Per
dilatare l’energia dell’Avversario, dato che la sua compiuta perfezione coinciderà con il suo annientamento. Tuttavia, sia che il katechon si
incarni nell’impero sia che agisca nella chiesa rimane la
domanda fondamentale: come conciliare il bene con il potere? Il primo ambito
non
può essere veicolato dal secondo. Ma per concretizzarsi, il bene non può fare a meno del potere.
Chiesa e impero per mille anni sono stati i
protagonisti di un acerrimo
conflitto per avere il controllo dell’umanità. A questo punto del suo
argomentare Cacciari chiama in causa la
contrapposizione nella cristianità di due grandi visioni, “sul significato
escatologico della potenza politica e sul suo rapporto con l’auctoritas
spirituale, che la Chiesa incarna” Quella di Sant’Agostino che desacralizza il
potere di Roma. La pace della respublica si fonda sulla tragica
realtà della
guerra esterna per il governo universale e sulla guerra civile per il dominio
interno. E la visione di Dante. Per avere una Chiesa
che “tenda ad essere perfetta immagine della città di Dio” è necessario
che si realizzi l’autentica autorità imperiale.
In caso contrario di fronte ad un sovrano debole, la Chiesa può essere attratta dal potere temporale, tradendo
la propria missione.
Le due visioni comunque, anche se distanti, concordano nel considerare il potere politico antidoto al peccato di impazienza
evidenziato da
Paolo nella lettera. Concordano anche sulla divisione al loro
interno fra chi pensa solo a se stesso e chi ha a cuore l’interesse generale.
Conflitto immortalato da Dostoevskij nei Fratelli Karamazov.
Nelle pagine in cui descrive la figura del Grande Inquisitore che schierandosi
a
fianco dell’Anticristo, decreta la vittoria del male.
Fausto Politino
da IL MATTINO DI PADOVA
Massimo Cacciari, Il potere che frena, 2013, 16°, pp. 211, € 13,00
(Fausto Politino, autore di questo articolo, vive in Veneto ed è nostro stimatissimo amico facente parte della Giuria del Concorso letterario “Libri di-versi in diversi libri”) |